ALTA
VIA DELLA VALMALENCO |
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escursione
completa
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dettagli |
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Prima tappa - Domenica 5 agosto Caspoggio – Seggiovia – Piazzo Cavalli (m 1718) – Alpe Cavaglia (m 2108) – Alpe Acquanera (m 2130) – Rif. Cristina (m 2230) (Gestore: Nefrin Vania – Tel. 0342 452398 - 339 3574221) Arrivati con la corriera a Caspoggio procediamo fino
al parcheggio della funivia che sale alla località Piazzo Cavalli
(m 1718), da cui prenderà inizio il nostro Trekking 2012, il cui
segnavia è costituito da “triangoli gialli”. Durante
questa prima tappa potremo individuare la quasi totalità del percorso
che andremo a percorrere nei giorni seguenti. |
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Seconda tappa – Lunedì 6 agosto
Rif. Cristina (m 2230) – passo Campagneda (m 2626) – passo Canciano (m 2464) – Alpe Gembrè (m 2217) – Rif. Bignami (m 2389) ( Gest.: Orach Jgor - Tel. 0342 451178 - 333 9764687) Lasciamo il Rifugio Cristina e l’Alpe Prabello in direzione Ovest (segnavia n. 301) in leggera salita, trascurando dopo poco, alla nostra destra, un’invitante traccia che sale prima verso il Monte Cornetto e che poi, volendo, porta al scalare il Pizzo Scalino. Noi proseguiremo, quasi in piano, sulla verde spianata dell’Alpe Campagneda superiore. Comincia ora un interessante tratto del percorso, costellato da una serie di intriganti laghetti che ci offrono deliziosi scorci sulle notevoli cime circostanti, Pizzo Scalino in primis. Lasciato, a sinistra, un sentiero che scende verso l’Alpe Campagneda inferiore proseguiamo, ora, con più sensibile salita, incontrando via via, su successivi piani di roccia, in una disposizione detta “a rosario”, il bel sistema dei laghetti di Campagneda. Proseguiamo, quindi, su terreno un po’ accidentato, ma per niente monotono, fino al Passo di Campagneda (m 2626 – ore 2 ca). Oltre il Passo ci sarà dato di godere di una bellissima vista su un’altra incantevole serie di cinque laghetti, che potremo scegliere di aggirare verso destra o sinistra per giungere, comunque, al secondo Passo della giornata, il Passo Canciano (m 2464) a ridosso del Confine con la Svizzera. Presso il passo altra notevole perla; un piccolo specchio d’acqua nel quale si riflettono i giganti del Gruppo del Bernina. Infatti, lungo il pur breve tratto di crinale che percorreremo, al Confine tra Italia e Svizzera (Cippi di confine datati 1930 con impresse le lettere “I” e “S”), potremo individuare, tempo permettendo, da sinistra, i Pizzi Roseg, Scerscen e (appena intuibile) Bernina, poi, in primo piano, la coppia Argient-Zupò e, più arretrato, il Piz Palù, praticamente tutte le grandi cime del Gruppo che superano i 3900 m. Dal crinale potremo ammirare, sotto e davanti a noi, la bellissima Valle Poschiavina che, dopo una meritata sosta rifocillatrice, andremo a percorrere. Lasciato ora il crinale, dopo aver incontrato, a destra, il sentiero che sale al Passo d’Ur (m 2520), cominciamo a scendere lungo il nostro sentiero (sempre triangoli gialli) che scorre, tra facili boccette, lungo il fianco accidentato e sassoso della valle. Lasciamo la testata della valle attraversando una “porta” delimitata da due enormi massi ed iniziamo a scendere accompagnati dal fragore di un torrentello che, alla nostra sinistra, precipita dalla vedretta dello Scalino. Comincia da qui da qui una dolce discesa che ci fa arrivare alle baite dell’Alpe Poschiavina (m 2230), un percorso facile, rilassante, segnato, se la giornata sarà buona, dallo splendore delle varie tonalità di verde che conferiscono alla vallata un’impronta di vita, anche quando non ci si trovano, come speriamo sia, mucche e pastori. Ancora un breve tratto e ci troveremo ad un bivio, al quale noi prenderemo a destra per percorre l’interessante “sentiero dei ponti” che aggira, alla sua destra, il Bacino artificale dell’Alpe di Gera e, quindi giungere al Rifugio Bignami, raggiungibile, peraltro, anche aggirando il bacino alla sua sinistra. Noi proseguiamo, quindi, a destra per giungere, in breve, ammirando, in basso alla nostra sinistra, le acque del bacino, all’Alpe Gembrè (m 2217) per poi proseguire verso l’arco orientale dell’anfiteatro della Val Lanterna. Nell’attraversamento dell’anfiteatro incontreremo, prima, tre imponenti cascate che scendono, fragorosamente, da un alto gradino roccioso. Proseguiamo poi, agevolati da una serie di sette ponticelli che ci faranno superate altrettanti, speriamo non sovralimentati, torrentelli che si dipartono dalle tre cascate, per iniziare a salire a ridosso della testata del lago. Dopo aver attraversato il vallone, con l’aiuto di un ultimo ponte, continuiamo a salire, più decisamente, l’anfiteatro terminale della valle, occupata da un’enorme quantità di materiale detritico e delimitata da gradone roccioso dal quale scendono le cascate della Vedretta di Fellaria orientale. Giungeremo, così, dopo circa sei ore di gratificante cammino, alla nostra meta: il Rifugio Bignami (m 2389), presso il quale trascorreremo la nostra seconda notte. Tempo previsto: 6/7 ore - Difficoltà: E - N.B. Ci sarà la possibilità, in caso di maltempo o particolari necessità; di seguire un percorso alternativo, più breve e meno impegnativo, scendendo direttamente dal Rifugio Cristina prima al Rifugio Ca’ Rauncasch (m 2186) ed al bacino di Campo di Moro (m 1983) per poi salire alla diga dell’Alpe Gera (m 2200) ed al Rifugio Bignami (m 2389) Tempo previsto: 4 ore ca. - Difficoltà: E - |
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Terza tappa - martedì 7 agosto Lasciamo il Rifugio Bignami (m 2389) percorrendo inizialmente il tracciato dell’Alta Via (triangoli gialli – sent. n. 301/305) per raggiungere, in breve, l’Alpe di Fellonia (m 2437). Davanti a noi il gradone roccioso che delimita la Vedretta Fellaria occidentale dal quale scendono diversi torrentelli che formano altrettante fragorose cascate. Giunti ad un bivio lasciamo il percorso “ufficiale” dell’Alta Via per dirigerci a sinistra (variante sent. n. 305) verso la Forcella di Fellaria (m 2787) che raggiungeremo, dopo poco più di un’ora dal bivio, al termine di un’ ampio vallone detritico. Durante il tragitto, alla nostra sinistra, l’imponente mole del Sasso Moro (m 3108) ed, alla nostra destra, le oramai note cime del Gruppo del Bernina. Scendiamo dalla Forcella Fellaria superando alcune roccette e, senza perdere eccessiva quota, lungo un altrettanto ampio vallone del tutto simile a quello risalito prima, raggiungiamo il Rifugio Carate Brianza (m 2636), presso il quale faremo una meritata sosta (ore 3 ca fino a qui). Il rifugio si trova nei pressi della Bocchetta delle Forbici (m 2637) al di la della quale si possono scorgere, in basso, i bei laghetti delle Forbici (m 2623). Lo scenario che ci attende dalla Forcella è, probabilmente, il più bello dell’intera Alta Via: Improvvisa ecco la testata della Valmalenco, con i suoi colossi che, parafrasando la celebre frase del Re Sole, sembrano dire “la Valmalenco siamo noi”. Vale la pena di passarle in rassegna con calma. Il lato sinistro è occupato dalla Vedretta di Scerscen inferiore e dal poderoso bastione roccioso sul quale si elevano il Pizzo Gluschaint (m 3594), i Pizzi Gemelli (m 3584, 3564 ben visibili da Sondrio). A destra dell’evidente depressione del Passo di Sella si collocano le più famose Cime di questa testata. Innanzitutto il Pizzo Roseg (m 3937) che, da qui, appare in tutta la sua imponenza ed insieme eleganza. Poi il Pizzo Scerscen (m 3971), alla cui destra si colloca la più alta vetta delle Alpi Retiche e la più occidentale delle cime che superano i 4000 metri: il Pizzo Bernina (m 4050) che, per la verità, non è ancora visibile dalla forcella; bisogna, infatti, percorrere un breve tratto del sentiero che ci permette di aggirare uno sperone roccioso per vederlo, gradualmente, comparire davanti al nostro sguardo. N.B. per chi ne avesse voglia, a questo punto, ci sarebbe la possibilità, tempo permettendo, di salire al Rifugio Marinelli Bombardieri (m 2813). Rifugio base per l’ascesa al Pizzo Bernina, che ha ospitato il GSA Montello pochi anni fa. Continuando a seguire il tracciato dell’Alta Via che ci porta a lambire il limite inferiore della Vedretta di Caspoggio si può, infatti, raggiungere il rifugio in poco più di un’ora. Ritorno al rifugio Carate per la medesima via (più ore 2,30 ca) Dal rifugio Carate ci aspetta, ancora, circa un’ora di discesa per raggiungere il nostro terzo “ricovero notturno”, il Rifugio Musella (m 2020), posto nel ridente pianoro dell’Alpe Musella. C’è da dire solo che è un bene, per noi, avere percorso in discesa questo tratto dell’itinerario, che viene qui denominato dei “sette sospiri”. Ciò deriva dal fatto che, salendo, si ha perennemente la falsa impressione che la Bocchetta delle Forbici ed il Rifugio Carate siano a portata di mano ed alle frequenti e brusche impennate del sentiero. Affrontiamo, quindi, con minore apprensione l’ultima parte della nostra fatica giornaliera per portarci, in iniziale sensibile discesa, che poi si allenta, prima alle baite dell’Alpe Musella (m 2076) e, quindi, al rifugio Musella con, vicino, il rifugio Mitta, circondati da una bellissima cornice di boschi gentili. Tempo percorso: ore 4 ca. - Difficoltà: E - Dislivelli: + 400
m, - 770 m. |
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Quarta tappa - mercoledì 8 agosto: Rif. Musella (m 2020) – Alpe Campascio (m 1823) – Bocchel del Torno (m 2195) – Alpe Sasso Nero (m 2328) – Bivio q. 2400 – Bivio q. 2326) – Rif. Longoni (m 2430) ( Gest.: Negrini Elia - 0342 451120 - 348 3110010) Lasciamo il Rifugio Musella, decisamente in discesa, per raggiungere, in breve, all’ombre di un bel bosco, la sottostante Alpe di Campascio (m 1823). Superate le baite dell’Alpe attraversiamo, su di un ponte, due torrentelli che vi confluiscono. Comincia ora una lunga traversata, inizialmente pianeggiante, lungo una mulattiera che scorre lungo il fianco orientale del versante montuoso che dal Sasso Moro (m 2734, a destra) scende fino al Monte Motta, a sinistra). Siamo nella Valle di Scerscen che percorreremo, per un po’, nella sua parte finale, attraversando l’omonimo torrente per piegare presto a destra e salire fino al Bocchel del Torno (m 2195). Raggiunte (a quota 1800) le piste da sci e la stazione da cui parte lo sky-lift per il Monte Motta, prendiamo a destra per risalire, piano piano, costeggiando in parte gli impianti di risalita fino al citato Bocchel del Torno (ore 2,30 ca). Dal Bocchel, in breve, inizialmente lungo uno stretto vallone, tra erbe e qualche masso, attraversando, poi, un piccolo bosco, nel quale il sentiero si fa strada a fatica, tra alcuni grandi massi, raggiungiamo l’Alpe di Roggiano (m 2019). Abbandonata l’Alpe e con essa, per un po’, l’allegro scampanio delle mucche al pascolo, cominciamo la salita, prima tra abeti e poi tra pini mughi, fino a giungere ad un terrazzo a q. 2300 ca. Meritata sosta per gustare, sotto di noi, la gentile visione dell’Alpe di Palù e dell’omonimo lago. Ci aspetta ora una breve discesa per giungere all’Alpe di Sasso Nero (m 2328), posta ai piedi del grande fianco sud-occidentale del Sasso Nero (m 2915). Poco dopo l’Alpe oltrepassiamo uno sperone roccioso, più avanzato rispetto ai successivi, denominato il Castello ed entriamo in uno scenario solitario e selvaggio, con tratti di brevi salite che si susseguono alle più frequenti discese. Ora la nostra montagna comincia a mostrare un volto arcigno e quasi scorbutico, costituito da speroni rocciosi e grandi ammassi di sfasciumi. Proseguiamo così per un po’ in questo paesaggio scendendo gradualmente, su tracce di sentiero, alternate a tratti in cui sono ancora i massi a farla da padrone, fino ad attraversare il torrente Entovasco, alimentato dalla Vedretta di Scerscen. Anche qui, però, i segni sui massi sono molto frequenti, per cui non rischiamo certo di perdere la via. Dopo il torrente continuiamo tra i massi fino ad incrociare (ad un tornante dopo un altro torrentello) il sentiero che, da S.Giuseppe, sale all’ex Rifugio Entova-Scerscen (q. 2400 ca). Noi prendiamo a sinistra, in discesa, il sentiero che diventa poi strada forestale. La percorriamo per un breve tratto, fino a q. 2326 ca, ove troviamo, alla nostra destra, una traccia di sentiero che ci porta, attraversando un bel boschetto di pini mughi, direttamente al Rifugio Longoni (m 2430) presso il quale pernotteremo.
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Quinta tappa - giovedì 9 agosto: Rif. Longoni (m 2430) – Bivio q. 2056 – Alpe dell’Oro (m 2050) – Alpe Monterosso (m 1950) – Alpe di Vezzeda inf. (m 1936) – Rif. Taraglione (m 1782) – Forbesina (m 1664) – Rif. Ventina (m 1965) (Gest.: Benfatti Diego - Tel. 0342 451458 - 348 8141955) Lasciamo il rifugio Longoni, in direzione Est, per giungere
presto ad un incrocio. A sinistra indicazioni per S.Giuseppe, a destra
per il Passo Tremoggia. Noi proseguiamo diritti superando, in discesa,
una fascia di rocce lisce che ci fa raggiungere i Piani di Fora (m 2310).
Alla nostra destra possiamo notare due belle cime: il Pizzo Malenco (m
3438) ed il Pizzo Tremoggia (m 3441). Il secondo è di grande interesse
in quanto presenta la particolarità di essere rivestito di rocce
dolomitiche. Alla sua sinistra si trova una ben visibile depressione del
crinale; il nominato Passo Tremoggia (m 3014). Non meno interessante è
il panorama che ci si offre dal lato opposto, cioè verso Sud-Est.
Qui è la parete Nord del Monte Disgrazia (m 3678) ad imporsi, con
un volto, però, meno selvaggio, più armonioso e simmetrico,
di come lo vedremo nella tappa successiva. Scendiamo dolcemente dai Piani
de Fora fino alla conca dell’Alpe de Fora (m 2056), che si configura
come un grande, splendido, terrazzo impreziosito da uno specchio d’acqua
nel quale si riflettono il Monte Disgrazia e l’intera testata della
Val Sissone. L’Alpe de Fora è ricamata, a monte, da numerose
cascate e cascatelle che scendono dagli oscuri gradoni rocciosi che delimitano
le numerose vedrette superiori. Da questo punto ci aspetta una lunga,
ma remunerativa, traversata, in gran parte su bel bosco, che si sviluppa
tutta poco sotto quota 2100, con la quale raggiungiamo l’Alpe dell’Oro
(m 2050). Da quest’ Alpe ci portiamo, in breve, all’Alpe Monterosso
inferiore (m 1950), posta in Val Muretto e contornata da numerosi ruscelli.
Ora cominciamo a discendere la Val Muretto fino a giungere, abbandonando
il greto del torrente principale, all’Alpe Vezzeda inferiore (m
1936) e, poi, ancora in discesa, fino ad un altro torrentello, superato
il quale ci troveremo ad un bivio. Noi proseguiamo verso destra, in direzione
del Rifugio Tartaglione-Crispo (m 1782). Altra meritata sosta (fino a
qui ore 5 ca.) per poi scendere, in breve, prima all’Alpe Laresin
e, poi, all’Alpe Forbesina (m 1664). Il sentiero (sempre segnavia
301/305 e triangoli gialli) attraversa la bella conca dell’Alpe
per farci, presto, attraversare il torrente Mallero e portarci, poco dopo,
a risalire verso destra, la Val Ventina e farci raggiungere, dopo circa
ancora un’ora, al Rifugio Gerli-Porro e, subito dopo, il vicino
Rifugio Ventina (m 1965) che ci ospiterà per la notte. Tempi percorso: ore 6 ca. - Difficoltà: E - Dislivelli: + 300 m - 770. |
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Sesta tappa - venerdì 10 agosto: Rif. Ventina (m 1965) – Passo Ventina (m 2676) – Alpe Giumellino (m 1756) – Alpe Mastabbia (m 2100) – Alpe Airale (m 2097) – Rif. Bosio (m 2086) (Gest.: Lotti Cesare - Tel. 0342 451655) Partiamo di buonora (è la tappa più lunga) dal rifugio Ventina per risalire la Val Ventina, su traccia di sentiero, lungo il suo pianoro finale, impreziosito da radi larici. Puntiamo così, verso il Passo Ventina (m 2676) con, alla sua destra, il Pizzo Rachele (m 2997) ed, alla sua sinistra, la Cima del Duca (m 2964). Il tracciato segue, alla sua sinistra, il fianco di un’antica morena glaciale, di poco sotto il crinale, portandosi al limite inferiore di un nevaio. Proseguiamo ora tra massi, in sensibile salita, incontrando un’ altro piccolo nevaio che si supera sulla sua destra. Ancora un ultimo tratto, piuttosto ripido, tra grandi massi aggirati da tracce di sentiero con fondo in terriccio compatto. Raggiunto, infine, il passo saremo appagati dal magnifico panorama che il passo ci offre. Dietro di noi, raggiunto al volo con lo sguardo, il Passo del Muretto (m 2562) che, al termine dell’omonima Valle, porta in Svizzera. Alla sua destra il Monte Muretto (m 3104) ed alla sua sinistra, l’elegante forma del Monte Forno (m 3214). Ancora più a sinistra il pronunciato profilo della Cima di Vazzeda (m 3301). Dal passo ci aspetta una prima discesa di circa 300 m che ci porta a raggiungere il primo del tre laghi Sassersa (m 2368). Vale la pena, a questo punto, di aggiungere un piccolo supplemento di fatica (di circa mezz’ora) per portarci ad ammirare anche gli altri due laghi Sassersa (m 2402, il terzo) che formano un insieme di laghi, di origine glaciale, disposti a rosario (il più basso riceve le acque dal più in alto). Ridiscesi al primo laghetto riprendiamo il sentiero e ci portiamo sulla soglia superiore di un vallone roccioso per cominciare a discenderlo, sul suo fianco destro, in terreno brullo ed accidentato. Raggiunto un grande ometto, con nei pressi un ricovero posto sotto ad un grande masso, ci portiamo, con un’ ampio giro verso destra, ad un modesto pianoro (a quota 2200 ca.), luogo ideale per una breve sosta. Alla nostra destra un refrigerante torrentello e, di fronte a noi, da sinistra, il Pizzo Scalino (m 3323), la Punta Painale (m 3247) e la Vetta di Rhon (m 3139). Dal pianoro imbocchiamo lungo uno stretto corridoio, che via via si allarga, per cominciare a scendere, decisamente, il vallone attraversando, più volte, l’alveo del suo torrente di fondo e giungere, alla fine, ad un bivio (quota 2000 ca.). A questo bivio prendiamo a destra (variante sentiero 301-305) per portarci, in breve, all’Alpe Giumellino (m 1756). Dall’Alpe procediamo, per un po’, in quota e, quindi, saliamo decisamente di 200 m per giungere a ridosso di vecchie cave di talco abbandonate (m 2023). Ancora un breve tratto di salita tra boschi, pascoli e corpi franosi, e giungiamo all’Alpe di Mastabbia (m 2100). Pochi minuti ancora, lungo il fianco montuoso, per arrivare all’Alpe Airale (m 2097) e da qui, in breve, al Rifugio Bosio (m 2086), posto sull’alta Val Torreggio, in uno scenario impreziosito da radi larici e dai meandri di un quieto torrente. Qui passeremo la nostra ultima notte assieme. Tempo percorso: ore 7/8 ca. - Difficoltà: E - Dislivelli: + 1050 m, - 930 m. |
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Settima tappa - sabato 11 agosto: Rif. Bosio (m 2078) – Alpe Palù (m 1957) – Rif. Cometti (m 1742) – Alpe Fedugno (m 1622) – Torre S. Maria (m 720) Lasciamo il Rifugio Bosio, in dolce discesa tra boschi
e prati, scavalcando spesso dei torrentelli, per giungere, in breve, all’Alpe
Palù (m 1957). Procediamo, ancora in lieve discesa, tagliando il
versante Nord del Sasso Bianco (a destra, m 2490) per arrivare, dopo poco
più di un’ora, al Rifugio Cometti (m 1742). Tempo percorso: ore 4 o 5 ca. - Difficoltà E - Dislivello: - 1350 m. |