Il Montello
Grotte, acque, bosco, la certosa, la Grande Guerra


NOTE ED APPROFONDIMENTI

BREVE STORIA DEL MANTO BOSCHIVO DEL MONTELLO

 

Il Montello conservò la sua importanza di bosco per tutto il Medio-Evo, ma solo più tardi, durante il periodo della Repubblica Veneta (1400-1797), ricevette particolari cure e attenzioni di tipo ecologico-forestale.

La Serenissima ebbe particolarmente a cuore il bosco del Montello e già nel 1471 fece proclamare la famosa legge del “bando” espropriando i lembi boschivi dai privati che se ne erano parzialmente impossessati, affidandone la custodia ai Comuni. Il Montello divenne così riserva dell’Arsenale. Nel 1515 i tredici comuni vicini al bosco venivano obbligati a provvedere alla sua custodia attraverso l’elezione di appositi “Saltari ”.

Un bando del 1519 ordinava ”la rovina di tutte le fabbriche del Montello”, ovvero la demolizione di tutte le costruzioni erette sul Montello.
Contro le pretese di numerosi privati che vantavano diritti di proprietà all’interno del bosco, il 28 Gennaio 1592 il Consiglio dei Dieci ne deliberò la completa indemaniazione e confinazione, con la sola eccezione del Convento dei Certosini, dell’Abbazia di Nervesa e della Chiesa di Giavera. Nel 1592 furono quindi definiti i confini del bosco attraverso la collocazione di cippi di pietra confinari, se ne tracciò la mappa e dopo aver eliminato le vigne abusive e i castagni, si procedette la rimboschimento mediante semina di ghiande.

Una fitta sequela di leggi, decreti, ”terminazioni ” doveva garantire l’integrità del bosco per tutto il periodo della Repubblica. Il Montello era un bosco ben delimitato a nord dal corso del fiume Piave e a Sud da uno stradone di esclusiva proprietà erariale (lo Stradone del Bosco) e da un fosso al quale nel 1788 venne aggiunta una siepe viva (proibito guastarla sotto pena di 5 ducati di multa).

A quei tempi il Montello doveva essere il gioiello dei boschi della Repubblica se da una ordinanza del 1744 risultava “essere il bosco dovizioso di piante di ogni genere”, piante di rovere o farnia (il bosco era un querceto quasi puro) adatte ad ogni sorta di utilizzazioni.
Le tecniche adottate dalla Serenissima nella conduzione del bosco erano estremamente specializzate e degne della moderna foresticultura.

Con il tramonto della Repubblica di S. Marco tutto il territorio veneto subì un gravissimo danno al patrimonio boschivo accompagnato dall’abbattimento di numerosissime querce. Il Montello tuttavia conservava ancora la sua importanza e un decreto del 27.5.1811 del Governo Italico (dominio francese) ridusse il bosco a demanio statale.
Si suddivise quindi il Montello in 20 prese marcate con cippi di pietra e si ordinò, tra l’altro, tagli di querce senza provvedere alla loro sostituzione.

Il secondo periodo del governo austriaco che seguì (1815-1866) frenò in parte il disordine boschivo (gli austriaci ripristinarono il Codice del 1803 promulgato nel Lombardo-Veneto in materia di delitti e trasgressioni).
Il manto boschivo del Montello riprese vigore e splendore ma questa felice situazione non doveva durare molto perché dopo appena 26 anni di Regio Governo Italico, nel 1892 venne decretata la vendita ai privati e, di conseguenza, la distruzione del bosco.

Era la cosiddetta legge Bertolini. Tale legge, ispirata da “propositi sociali”, stabiliva che la ripartizione dei terreni rinvenuti fosse assegnata per metà alle famiglie povere dei “pisnent” e per metà che fosse venduta ai privati. “Pisnent ” era un termine che indicava gli abitanti del Montello fin dal 1600 e da qualcuno interpretato come “due volte gnente”, mentre secondo Boerio G., nel suo Dizionario veneziano, “Pisnent ” era un povero bracciante giornaliero privo di ogni diritto, che non aveva più niente da perdere (“Pisnent ” = più niente).

Nel 1893 il Consorzio dei comuni stabilisce la divisione del territorio in 1224 quote e 386 poderi interessando complessivamente 2400 famiglie. Si decise e si realizzò inoltre la costruzione di 20 strade di accesso dominante “prese” che attraversano il Montello da Nord a Sud.
Inutile dire che tale legge si rivelò un fallimento dato che col tempo la superficie agraria del Montello passò dai “pisnent ” in mano a speculatori che rivendettero a loro volta a coloni provenienti dagli altopiani di Asiago e del bellunese. Nacquero così i centri abitati del versante Nord del Montello: Santa Croce (1899), Santi Angeli (1904) e S. Maria della Vittoria (1925).

Vittor Luigi Paladini nel suo libro “Asolo e il suo territorio” (1892) così descrive il Montello pochi mesi dopo il suo totale disboscamento:

Povera selva! Era una gran bellezza della nostra provincia. La si vedeva da ogni altezza, come una lama bruna sulla destra del Piave. Ciascuno di noi, credo, sentisse per essa una viva simpatia, ché certo tutti avevamo nel sangue qualche effluvio dei suoi fortificanti aromi. Il suo carattere di grandiosità, di forza, di mistero, seduceva la fantasia: aveva del ciclope e del negromante.
Venti chilometri d’estensione, querce secolari enormi, burroni inesplorati, foschità paurose e ci balenava alla immaginazione in un velo di leggenda e di tradizioni tragiche: santi, romiti, maghi, streghe, grassatori, lupi. viperai. Era anche un ricordo superbo e sacro: da essa Venezia aveva tratto copia di legname per le sue gloriose galee.
Povera selva! Quante mani unghiute acciuffarono la tua magnifica chioma, prima che tu mostrassi calva, la nuca! Povera selva! Io penso che dal tuo tetro grembo uscirono forse le galee di Dandolo, di Morosini, di Venier, unici lampi di valore, di gloria, in una lunga agonia di servitù e miseria… Io penso all’aria imbalsamata che diffondevi nei paesi intorno, ove le tempre degli uomini son forti e soave la beltà delle fanciulle…”.

Del grande bosco, dei suoi roveri e della loro secolare vitalità, per la nostra generazione non resta altro che un ricordo lontano e silenzioso. Attualmente, nonostante l’assoluto dominio della robinia e il massiccio nonché in certi casi disordinato intervento antropico (oltre alle colture diffuso è il fenomeno della casa per la villeggiatura di fine-settimana), il bosco presenta ancora lembi di notevole interesse naturalistico.