LA
VIGILIA DI PASQUA
Non è semplice né facile affrontare argomenti
che riguardano la fede e pretendere di esaurire l’argomento
in poche battute. Le origini cristiane del popolo Italia sembrano
appartenere alla sfera infantile e questa diffusa convinzione
ci porta a crescere con un bagaglio religioso sempre più
contestato, quando poi non costituisca pregiudiziale di molta
gente, appartenente al mondo della cultura per affermare la
propria appartenenza al mondo laico. E’ vero che, in taluni
casi, abbiamo assorbito la fede dei nostri padri, senza nemmeno
discutere, attraverso la celebrazione delle festività
legate quasi sempre alla sfera religiosa. Col passare del tempo
ci rendiamo conto che anche queste festività stanno assumendo
dei connotati diversi. Nuove idee, accompagnate da nuovi valori,
si stanno sovrapponendo alla feria, così come lo fece
la religione ai suoi albori. Il Natale sopravvive come ritrovo
della famiglia, non si sa per quanto ancora, ma la Pasqua, espressione
massima della fede cristiana sta per essere sopraffatta dalla
festa della primavera. Mi sia consentita questa breve riflessione
a posteriori, a riti conclusi, compresi quelli della gita fuori
porta. Entrare in chiesa la vigilia di Pasqua è stato
come passare da una capsula spaziale ad una stazione orbitante.
Sceso dalla macchina, rispettoso del cartello “non parcheggiate
davanti alla chiesa”, ho varcato l’uscio di un luogo
sacro immerso nella campagna. Come quando le orecchie si tappano
per un improvviso passaggio di altitudine, tanto ho provato
entrando in quel luogo, sedendo all’ultimo banco. A portarmi
in chiesa non è il caso ma la consapevolezza dell’appartenenza
ad una fede, ad un mondo dove dolore e gioia sono gli aspetti
fondamentali dell’esistenza e diventano paradigmi della
religione. Una scultura della Madonna che tiene in grembo un
corpo martoriato, senza vita, è la sintesi mirabile del
fondamento cristiano, mille volte vacillante perchè la
scienza non riesce a dimostrarlo. La penombra dell’interno
mi nasconde il sacerdote con la stola viola e l’immancabile
breviario, seduto al primo banco. Ad un tratto la porta d’ingresso
si apre cigolando. Il passo sicuro di una giovane ragazza richiama
la mia attenzione. Avvicinandosi ella mi chiede cortesemente
se sono lì per la confessione. ”No”, rispondo,
quasi impacciato e lei si dirige sicura verso il sacerdote,
che, non appena si accorge della sua presenza, traccia un ampio
segno di croce su di lei. Loro discutono e io mi pongo tante
domande. Poi, ad un tratto, la ragazza si alza e si avvia all’uscita,
serena in volto, attraversandomi con un sorriso. Poco gli
dèi ci danno, e quel poco è illusorio, e tuttavia,
quando ce lo danno… è autentico. Lo accolgo, chiudendo
gli occhi: mi basta. Ma che pretendo di più?
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Tiziano Biasi - aprile 2007 |
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